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luce in viaggio

Una mappa luminosa tracciata di memoria e immagini.

Giulia Brazzale

regista e produttrice
Cosa rappresenta l’elemento luce per te?

La prima cosa che mi viene in mente è la luce dell’anima. L’essenza vitale che appartiene ad alcune persone che portano con sé il carisma buono degli esseri consapevoli, nel senso più ampio del termine, e che abbagliano con la loro presenza. Poi, naturalmente, mi viene in mente il cinema. L’importanza della temperatura colore e della scelta della luce per trasmettere un’emozione, per creare una determinata atmosfera in una scena di un fim. La luce, metafora della vita e di tutto ciò che è benefico già nell’antica Grecia, è il fenomeno fisico che preferisco. Parlandoti ora, mi sembra di potermi immergere nella luce bianca, accecante di Los Angeles e nella luce calda di Roma dove vivo. Una sera ammiravo il tramonto romano da Piazza Farnese e un amico mi narrò che l’imperatore Adriano, pur avendo viaggiato moltissimo, sosteneva che la luce più bella appartenesse alla Città Eterna e che la luce più a sud, più intensa, piaceva meno all’imperatore perché rendeva l’uomo aggressivo. Oggi la scienza ha dimostrato che tanto più la luce è viva, sia essa naturale o artificiale, tanto più le emozioni, sia positive che negative, si fanno sentire intensamente. Questo spiegherebbe la passione della gente del sud. Io amo il sud, la sua luce intensa e le forti emozioni. L’elemento luce è essenziale e di vitale importanza per il mio benessere. Non potrei vivere in una casa priva di luce.
Oltre all’elemento luce, visibile e misurabile, esiste però anche un’altra luce, invisibile agli occhi. La stessa luce che permea o meno gli esseri umani di cui ho già parlato, appartiene anche agli ambienti, alle case, ai luoghi, in relazione a chi li ha attraversati, a chi ci ha vissuto, a chi ci dimora. Alcune case mi sono sembrate cupe, buie ma mi sono dovuta ricredere. La luce c’era ma mancava la luce dell’anima.
A cosa associ il termine illuminazione?

Ad un ambiente, ad uno studio di posa, al set e alla mia casa; ad un qualsiasi luogo o situazione a cui si voglia dare attraverso l’utilizzo della luce, personalità e che si voglia legare ad una sensazione, ad un’emozione.
Spiritualmente e psicologicamente parlando associo il termine illuminazione all’acquisizione di consapevolezza, all’intuizione ma anche all’individuazione junghiana, al disvelamento del proprio inconscio che porta alla conoscenza di se stessi
Raccontaci in che quantità e sotto che forma la luce influisce nella tua vita, idee ed emozioni.
Come ho già accennato la luce è per me un elemento vitale. Poche volte ho evitato la luce o mi sono chiusa in casa con le imposte chiuse. La luce è fondamentale per il mio benessere ma anche per la mia creatività. Il colore predominante in casa mia è il bianco e la mia living room è inondata di luce tanto da poter dar fastidio. E’ successo più di una volta che i miei ospiti mi abbiano chiesto di attenuarla, così tengo in casa scorte di candele di ogni forma e misura, spengo tutte le luci artificiali e accendo decine di candele ovunque. La luce è un elemento a cui ho prestato sempre estrema attenzione e non solo nel mio lavoro. E’ molto importante per me sia da un punto di vista fisico che spirituale.
La luce o la metafora di illuminazione quanto influisce nella tua professione di regista?
Moltissimo!
Come disse Jean Cocteau, “il cinema è la scrittura moderna il cui inchiostro è la luce“.
La luce e il suo utilizzo definiscono il genere di un film. La luce inoltre serve in un film per dirige l’occhio dello spettatore verso un determinato attore, verso un oggetto o qualsiasi altro dettaglio o azione in una scena. La quantità della luce, la sua regolazione, il suo essere diretta e forte o soft e delicata, la sua temperatura colore, la sua posizione all’interno di un ambiente creano l’atmosfera, il mood di una scena.
La luce inoltre è essenziale per creare la psicologia dei personaggi. Può essere calda, fredda, onirica, sensuale, invadente oppure morbida. La luce, calibrata sulle emozioni dei personaggi, le rispecchia e le rende chiare allo spettatore. Per tutti questi motivi la luce è fondamentale in un film e figura di fondamentale importanza è il direttore della fotografia. Il DoP concretamente illumina il set e decide assieme al regista, dove piazzare le luci e come calibrarle o, eventualmente, se e in quali scene usare solo la luce naturale. C’è pure chi ha fatto la scelta estrema di usare solo luce naturale durante le riprese, come Kubrick  in “Barry Lyndon” che ha illuminato le scene notturne utilizzando solo canele o lumi ad olio. La stessa scelta è stata fatta da Lanthimos nel recente “La Favorita”.
Molte volte al contrario una luce può apparire naturale, come la luce del sole che entra da una finestra, ma essere in realtà totalmente costruita, progettata nei dettagli e assolutamente artificiale.
Una delle metafore dell’illuminazione è il lampo di genio. L’illuminazione è la lampadina quando si accende. La mia parte ancora bambina mi riporta ad Edi l’amichetto di Archimede Pitagorico nei fumetti di Disney. Il guizzo di luce della lampadina quando si accende, rappresenta l’intuizione, l’idea creativa che arriva.
Esistono vari metodi per entrare in contatto con la nostra creatività, qualcuno direbbe con il divino che c’è in noi.
Il percorso da intraprendere, sebbene in parte riguardi il mondo dell’inconscio, del superconscio, dell’analogico e possa sembrare scollegato da qualsiasi forma di razionalità, in realtà richiede molta disciplina, motivazione, determinazione, metodo, costanza e coraggio. Va dal riconoscimento della propria ombra come direbbe Jung, alla pulizia da qualsiasi forma di invidia, gelosia e paura, per arrivare, come direbbe Castaneda, a divenire esseri impeccabili ovvero Guerrieri della Luce. La meditazione accelera esponenzialmente questo processo.
Potresti, a modo tuo, attraverso il tuo linguaggio, rappresentarci il concetto di illuminazione?
La risposta non è semplice perché il mio concetto d’illuminazione non è univoco ma varia a seconda dei luoghi, delle circostanze, del mio umore e di molte altre variabili.
Posso senz’altro trovare nel mio immaginario un concetto di luce archetipico, universale, trascendente ed assoluto, e rispondere a questa domanda citando ad esempio la sfera di luce intelligibile di Parmenide, Platone e Plotino che trascende lo spazio e il tempo e non fa parte di questo mondo.
Ma la sfera di luce intelligibile è un ideale e non è facile trasporlo nella realtà terrena.
In altre parole non posseggo in assoluto, e non credo possa esistere un unico, oggettivo, concetto d’illuminazione.
L’illuminazione per me è essenzialmente un mezzo, uno strumento per creare sensazioni ed atmosfere.
L’illuminazione è suggestione. E’ quindi più semplice rispondere a questa domanda con una serie di fotografie in cui la luce faccia da medium, ossia porti con sé l’emozione.

Barry Lindon di Stanley Kubrick,
DoP John Alcott (nel film è stata utilizzata solo luce naturale)

Control di Anton Corbijn,
DoP Martine Ruhe e John Watson

2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick,
DoP Geoffrey Unsworth e John Alcott (fotografo aggiuntivo)

Blade Runner di Ridley Scott,
DoP Jordan Cronenweth

La favorita di Yorgos Lanthimos,
DoP Robbie Ryan (nel film è stata utilizzata solo luce naturale)

Il sospetto di Alfred Hitchcok,
DoP Harry Stradling Sr.
(dentro al bicchiere di latte c’è una lampadina accesa che evidenzia l’ossessione della protagonista Lina che è convinta che Johnnie voglia avvelenarla)

Abbiamo bisogno di essere “illuminati” creativamente e socialmente.
In che direzione collocheresti questa metafora?
Purtroppo in questi tempi bui, d’isolamento sociale, incertezza e crisi, credo che una visione più nitida la possiamo ottenere più che da qualcuno che c’illumini dall’esterno, da noi stessi.
Le guide sono senz’altro importanti ma siamo noi a dover essere gli eroi del nostro viaggio. Intendo parlare, naturalmente, di un viaggio nella nostra interiorità alla scoperta di noi stessi. La meditazione è molto utile a questo proposito, rende la visone dell’esistenza più lucida e chiara. Ci porta pian piano, stadio dopo stadio, a forme sempre più elevate di consapevolezza, ossia d’amore universale.
“Verrà forse un tempo in cui la luce interiore uscirà da noi, in modo che non avremo più bisogno di altra luce“.
Johann Wolfgang von Goethe
Programmi per il futuro?
Mi sto dedicando ad un progetto che mi entusiasma: Amore Fluido. E’ una webserie che si riferisce all’Amore Liquido tipico della nostra era di cui parla il sociologo Zygmunt Bauman.
I rapporti d’amore dell’uomo e della donna moderna prevedono sempre più raramente legami fissi. Le relazioni, sufficientemente “lasche”, devono poter essere recise in qualsiasi momento, senza troppe recriminazioni e tragedie. Si è passati, in un periodo di tempo relativamente breve, dall’amore combinato tra famiglie, all’amore romantico, per arrivare alla fragilità dei rapporti affettivi tipica dell’amore, che Bauman chiama liquido e che io invece nomino come fluido.
Il genere è quello della commedia agrodolce, in parte anche degli equivoci. Mira a divertire mantenendo una visione lucida sulla nostra società. La location è un locale romano. A pochi attori protagonisti se ne affiancano sporadicamente altri, vittime e carnefici dell’amore di oggi. I protagonisti, nel loro individualismo narcisistico, non riescono ad impegnarsi in un legame stabile e, paradossalmente, vivono nel terrore dell’abbandono. Smaniano per un compagno a tutti i costi ma, preoccupati di trovarsi legati in relazioni durature, troncano tutto ciò che ha il sapore del definitivo, per rigettarsi immediatamente nella spasmodica e ossessiva ricerca di un nuovo compagno. Quelli che invece si legano per sempre, sono frustrati, infelici, sempre in attrito tra loro.
In ogni puntata, in pochi mordaci minuti, mostriamo la tragicomicità delle relazioni moderne. I personaggi dialogano fra loro al bancone del bar raccontando le loro peripezie. Imbastiscono storie d’amore e intrighi, in cui anche i generi si confondono.
In un caos bizzarro e ironico, domina l’irriverente dissociazione tra un “voglio stare con te” e un “mi stai soffocando”.
Ogni episodio prende il nome da un vino specifico (Lupus in fabula, Passerina, ecc.) sorseggiato dai protagonisti durante la puntata.
Sostanzialmente la nostra è un’operazione simile a quella che sta facendo Gucci divulgando in rete una serie di cortometraggi che toccano temi sociali scottanti e trasgressivi, per promuovere il suo marchio.
L’episodio pilota distribuito su FB è diventato virale in un paio di settimane e gli sponsor tra cantine vinicole e non solo, stanno arrivando.
Trovate “Lupus in fabula” qui
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